L’uso dei beni confiscati alla criminalità organizzata
L'Istat pubblica un volume su un fenomeno finora poco esplorato dalla statistica ufficiale
Sull’utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata si riscontra un importante vuoto informativo, così definito nell’ambito della Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione: “Le diverse attività di raccolta dati sul fenomeno messe in campo dai soggetti nazionali e territoriali a vario titolo responsabili dei processi di valorizzazione dei beni confiscati, non sono ancora riuscite a comporre un sistema informativo comunicante e coerente al suo interno”.
Le principali fonti sul riutilizzo dei beni confiscati sono, da un lato, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), che diffonde – tramite la piattaforma Openregio – i dataset sui beni confiscati in gestione e destinati, e dall’altro gli enti territoriali che sono tenuti a pubblicare sui propri siti istituzionali l’elenco dei beni a essi destinati per ottemperare all’obbligo di trasparenza ai sensi del Codice antimafia. In generale, però, i dati disponibili nascono con finalità amministrative e non esistono informazioni strutturate ed esaustive sullo stato e le modalità di effettivo utilizzo né un elenco esaustivo da fonte ufficiale di tutti i soggetti gestori di beni confiscati.
Di fatto, con i dati ad oggi disponibili non è possibile rispondere alle seguenti domande, né a livello nazionale né ad un livello territoriale più minuto: quanti beni confiscati sono non solo destinati ma effettivamente utilizzati? quante e quali tipi di istituzioni pubbliche e non profit usano beni confiscati? qual è l’impatto economico e sociale di questo utilizzo sul territorio?
Per rispondere a questi interrogativi, nell’ambito dei laboratori per la ricerca tematica Istat, è stato messo a punto un modello prototipale di flusso informativo sui beni destinati al Comune di Palermo, attraverso un processo di revisione e integrazione dati tra diverse fonti amministrative, di standardizzazione e classificazione delle informazioni sull’utilizzo effettivo dei beni e una proposta di indicatori e di sistema informativo per la diffusione dei dati.
È importante rilevare che questo lavoro di ricerca – che rappresenta anche una buona pratica di sinergia e collaborazione istituzionale nell’ambito del Sistema statistico nazionale – è stato possibile grazie alla preziosa interlocuzione con l’Ufficio di statistica e con il Servizio beni confiscati del Comune di Palermo. Il lavoro di gestione dei beni è per gli enti territoriali particolarmente oneroso: l’archiviazione dei dati rappresenta solo un aspetto, mentre sono molteplici gli adempimenti burocratici, i problemi concreti da risolvere e i soggetti con cui interloquire.
Il contributo metodologico qui presentato ha quindi l’intento di mettere in evidenza le potenzialità, più che i limiti, dei dati attualmente disponibili, per identificare più chiaramente le possibili linee di sviluppo per la produzione di nuove basi informative.
I risultati dell’attività di ricerca sono illustrati nell’ebook L’uso dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Un modello di integrazione sui dati del Comune di Palermo, pubblicato di recente dall’Istat nella collana Territori.
Ludovica Ioppolo e Fabrizio Consentino
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