L'internazionalizzazione commerciale delle imprese trentine
L’Ispat presenta i risultati di un’analisi sul ruolo della formazione
Il nuovo report predisposto dall’Ispat presenta i risultati di un’indagine focalizzata sulla formazione per l’internazionalizzazione delle imprese esportatrici trentine. Si tratta della prima rilevazione rientrante in un progetto di indagini biennali volte ad analizzare e supportare attivamente le dinamiche di internazionalizzazione del sistema produttivo locale.
La ragione principale che spinge le imprese a operare sui mercati esteri riguarda la volontà di cogliere le opportunità di crescita della domanda in altri Paesi, soprattutto per le imprese di grandi dimensioni (questa motivazione è indicata dal 92,3% delle imprese con 250 addetti o più, a fronte di una media del 61,2%). Un altro fattore chiave è il miglioramento della competitività (indicato dal 45,8% del campione). Guardando invece agli elementi che limitano le imprese internazionalizzate, i freni principali sono gli ostacoli burocratici/tariffari (per il 40,4% dei casi) e la carenza di personale qualificato (25,3%).
In media, le imprese impiegano specificamente per le attività di internazionalizzazione circa quattro addetti, i quali rappresentano il 21,2% della forza lavoro totale. Il diploma di scuola superiore è il titolo di studio prevalente tra questi addetti (53,5%), con un peso maggiore nelle micro e piccole imprese. La quota di personale laureato impiegato nelle attività con l’estero è molto più elevata nelle grandi imprese, raggiungendo il 70,6%, contro percentuali inferiori al 30% nelle micro e piccole. Questa disparità suggerisce che le imprese più grandi e strutturate non solo sono più attrattive per i laureati, ma necessitano anche di figure con competenze analitiche, strategiche e manageriali più elevate per gestire la maggiore complessità dei mercati globali.
Per sviluppare nuove competenze specifiche per l’internazionalizzazione, le imprese privilegiano la formazione aziendale, una modalità che cresce con la dimensione delle imprese (dal 56,5% delle microimprese al 76,9% delle grandi). Per le grandi imprese assumere personale già qualificato è un’opzione strategica fondamentale, mentre per le piccole lo è di più la formazione dopo l’assunzione.
Circa un’impresa esportatrice su tre ha fatto formazione sui temi dell’internazionalizzazione negli ultimi anni. Un’impresa su dieci ha coinvolto suoi dipendenti in corsi tra il 2021 ed il 2023 e più di una su quattro ha svolto nel 2023 attività formative alternative ai corsi tradizionali. Più della metà delle imprese che ha fatto formazione nel 2023 non ha avuto limitazioni e si ritiene soddisfatta. Quasi la metà delle imprese internazionalizzate che non ha formato il personale nel 2023 riteneva le competenze già sufficienti. Un’impresa su cinque prevede di fare corsi in futuro, principalmente su strategie di internazionalizzazione e aspetti normativi.
L’investimento in formazione è associato a una migliore performance commerciale estera, in termini di maggiore diversificazione (relativamente a Paesi di destinazione e prodotti esportati) e minore vulnerabilità: l’uso della formazione è associato a un aumento statisticamente significativo di oltre il 10% della probabilità di collocarsi nel gruppo di imprese con alta diversificazione delle esportazioni.
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