Il valore aggiunto delle province italiane

15.09.2022

Il Centro Studi Tagliacarne diffonde uno studio sul valore aggiunto aggiornato al 2021

Il Centro studi Tagliacarne  pubblica uno studio sul valore aggiunto provinciale nel 2021 con confronti con il 2019, che rientra nelle consuete attività di misurazione dell’economia dei territori realizzate dal sistema camerale.

Nel 2021, solo 22 province su 107 superano la ricchezza prodotta nel 2019 a valori correnti, lasciandosi alle spalle la crisi causata dalla pandemia, e più della metà di queste si trova in Campania e Sicilia. È però Milano la città al primo posto per reddito prodotto pro-capite (con 49.332 euro a testa). Tra il 2021 e il 2019, sono le province che affacciano sull’Adriatico (-1,8%), la Toscana (-2,4%) e il Triveneto (-2,3%) a mostrare le maggiori difficoltà di recupero del valore aggiunto. Nessuna delle 24 province adriatiche nel 2021 ritorna  ai livelli pre-Covid, mentre il recupero dei territori bagnati dal Tirreno si è quasi del tutto completato (-0,5%).

Riguardo ai settori, soprattutto l’edilizia, grazie alle misure di sostegno governative, mostra gli incrementi di valore aggiunto più elevati (+12,6% rispetto al 2019), con punte superiori al 30% nell’Umbria e in gran parte della Sicilia. In crescita anche l’industria manifatturiera (+1,9% ), soprattutto nel Nord Ovest (+2,7%), nelle Isole (+2,3%) e, in misura minore, nel Centro (+1,8%) e nel Nord-Est (1,5%). A fare più fatica è, invece, il comparto dei servizi (-2,7%), su cui pesa la forte diminuzione delle attività connesse al turismo (-27,2%), con riflessi negativi soprattutto sulle città metropolitane. Anche le attività artistiche e creative (-25%) e quelle di supporto alle imprese (-11,8%) mostrano ancora forti ritardi. Due grandi città come Milano e Roma, di importanza cruciale per questi settori, perdono rispettivamente il 3,1% e il 2,1%. Le uniche nove province che superano i livelli di valore aggiunto prodotto dal terziario nel 2019 sono nel Mezzogiorno, a eccezione di Frosinone.

Dall’analisi emerge che la crisi legata alla pandemia ha modificato la usuale geografia produttiva del Paese, che presenta attualmente maggiori difficoltà per la direttrice adriatica dello sviluppo e il rilancio di quella tirrenica, fenomeni di crescita nel Mezzogiorno e il rafforzamento dell’economia provinciale rispetto a quella dei grandi centri metropolitani.

Categorie: Diffusioni di nuovi dati | Imprese: struttura e competitività | Centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne

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